A SERVIZIO DEI MALATI

Un giovane dottore comasco si laurea in medicina e chirurgia, e sceglie di consacrare tutta la sua vita a servizio degli ammalati in Africa, come prete. Questo è Giuseppe Ambrosoli di Ronago (Como) che il 20 novembre sarà dichiarato “beato” laggiù, a Kalongo, nel nord della campagna ugandese, accanto al suo ospedale.

Una lapide ricorda a tutti che egli è stato «comboniano, sacerdote e dottore». Ma il suo vero messaggio è contenuto nella frase che lui ripeteva e che la gente ha voluto scolpita nel marmo: «Dio è amore e io sono il suo servitore per il popolo che soffre».

Per l’Africa, il continente fatto soprattutto di giovani dalle mille speranze, sull’esempio del fondatore dell’istituto cui aveva aderito, Daniele Comboni, sognava un avvenire luminoso.

E la sua scelta di vita è stata in favore delle persone più povere dei poveri, quelle ammalate. A loro, nel cuore dell’Africa, per 31 anni, ha fatto dono della sua “arte” di medico.

A Mamma Palmira (scriveva con M maiuscola) riconosceva di essere quello che era: attento ai poveri, capace di ascolto e attenzione.

Ora “beato” è dato in esempio agli acioli, la popolazione che lo ha accolto e amato, e che Giuseppe ha curato, e anche a noi, come lui chiamati a fare della nostra vita un dono per e con gli altri.