«Per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutte e tutti». Questa la motivazione da parte del Comitato norvegese dell’assegnazione del premio Nobel per la pace 2023 a Narges Mohammadi.
All’annuncio del premio, anche noi del PM abbiamo esultato, felici che a una donna venga riconosciuto il proprio impegno per un mondo di pace per tutti e tutte.
Ma chi è Narges Mohammadi?
È un’attivista e giornalista iraniana attualmente detenuta nel famigerato carcere di Evin, a Teheran, utilizzato prevalentemente per la detenzione di oppositori politici, dove i diritti umani sono violati attraverso pestaggi, molestie sessuali, diniego di cure mediche e varie modalità di tortura.
Narges è stata arrestata ben 13 volte e condannata in 5 occasioni. Ora in prigione, sconta 31 anni di carcere cui è stata condannata per diffusione “di messaggi propagandistici che danneggiano la repubblica islamica”. La pena prevede anche l’inflizione di 154 frustate.
Oltre che in favore dei diritti delle donne, Narges è conosciuta per il suo impegno contro la pena di morte in Iran. Un comandamento recita “non ammazzare”: nessuno può, in nessun caso, attribuirsi il diritto di uccidere un essere umano innocente.
Amnesty International, l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, ricorda anche le sue campagne pubbliche contro l’isolamento nelle carceri e le sue inchieste sulle centinaia di omicidi avvenuti per mano delle autorità iraniane durante le proteste che nel 2019 hanno scosso il paese.
Annunciando il premio, la presidente della commissione norvegese Berit Reiss-Andersen ha detto che «la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Se le autorità iraniane prenderanno la giusta decisione la rilasceranno così che potrà essere qui per ritirare il premio a dicembre».
Arrivederci dunque a Oslo, capitale della Norvegia, per il ritiro del Nobel il 10 dicembre?
E noi, che facciamo per la pace?